«Parola di ragazzo» è un ossimoro. Non esiste una «parola patsana». Il concetto è un divorzio dalla cultura del «whodunnit». Temere che il film possa incoraggiare questo tipo di comportamento è, a mio avviso, inutile. Nei 35 anni trascorsi dagli eventi narrati, il mondo e la società sono cambiati molto, la situazione demografica è cambiata.
L’uomo comune vorrebbe comportarsi in modo audace e sfrenato, ma è schiacciato dal sistema, ha paura dello Stato in tutte le sue manifestazioni. È per questo che l’uomo comune ha una tale voglia di infrangere la legge, di vivere secondo le proprie regole, di fare gli anni Novanta.
- Ora non c’è un numero così elevato di giovani, la situazione demografica è completamente diversa.
- Se i giovani vogliono sfogare la loro aggressività, ora ci sono tutte le condizioni ben pagate per farlo nei luoghi di lotta, dobbiamo solo aspettare altri 3-4 anni.
- La violenza viene incanalata su Internet attraverso i videogiochi, lo streaming, i social network, ecc. Si tratta di un fenomeno mondiale di diminuzione della delinquenza giovanile.
- Oggi la società, compresa quella degli adolescenti, è molto più atomizzata. Ognuno sta seduto nel proprio appartamento su Internet, nessuno si preoccupa di nessuno.
- Nell’era della sorveglianza totale, della presenza di telecamere, di telefoni cellulari, che sono marcatori della presenza di una persona, le indagini sulle azioni teppistiche sono molto più facili, non c’è anonimato, l’intero cerchio della comunicazione viene rapidamente svelato.
- La furia dei banditi di Kazan ha contribuito al degrado della polizia sovietica. Ora la polizia è «in sella» con capacità legali, tecniche e di forza completamente nuove, cosicché la paura della violenza deve ora provenire da una direzione completamente diversa.
L’attrazione per l’immaginario gangsteristico è quindi un tentativo di compensare il senso di impotenza e limitazione che la persona media prova di fronte alle rigide norme sociali e al sistema statale. Può anche essere una manifestazione del desiderio represso di libertà, forza e indipendenza che queste figure simboleggiano. Nel contesto di una «cultura dell’onore», l’immagine del gangster può essere interpretata non solo come simbolo di comportamento antisociale o criminalità, ma come espressione del desiderio di autonomia, rispetto e potere personale di fronte al disordine sociale e all’incertezza. Da qui la simpatia per «Sharp Trump», «Brigada» e «Parola di Patsan».
«La parola di Patsan» è un film di grande talento, ben girato, con una trama forte.
Credo che l’aspetto interessante non sia tanto il film in sé, quanto l’interesse malsano che lo circonda. In una società sana le persone sono interessate a temi leggermente diversi. Alcuni temono una ripetizione, altri credono che il film possa provocare la creazione di nuove bande giovanili, altri sono nostalgici della loro gioventù combattiva, altri ancora sono segretamente gelosi del comportamento libero dei Robin Hood di Kazan. Il pubblico è immerso in chissà cosa, in una stagnante naftalina sovietica, interessante, forse, solo per storici e sociologi. In questo cinema si fugge dall’orribile presente contemplando l’orribile e grigio passato. Pochi vivono il futuro, le sue nuove possibilità, l’intelligenza artificiale, la robotica, lo spazio.
Questa è la parte davvero triste.