Quindi, avete detto…

Quindi, avete detto...

Una delle condizioni per una carriera di successo è considerata la capacità di persuadere, e quindi di parlare bene. Non a caso i corsi di public speaking sono oggi così popolari. Ma per instaurare un dialogo efficace, è necessario saper ascoltare, sentire, capire l’interlocutore. Esistono tecniche speciali di ascolto attivo, che vengono padroneggiate, ad esempio, da psicoterapeuti professionisti. Perché non ne padroneggiamo alcune anche noi?

GRAZIE AI NEURONI!

La capacità di riconoscere le intenzioni, di ascoltare e di capire gli altri è insita in noi per natura: i neuroni specchio esistono a questo scopo.

A metà degli anni Novanta, lo scienziato italiano Giacomo Rizzolatti ha dimostrato che i neuroni specchio ci aiutano a percepire ciò che gli altri pensano e vivono. Basta osservare l’interlocutore e in quel momento in diverse aree della corteccia cerebrale si risveglia la cosiddetta risonanza neuronale: si creano gli stessi focolai di eccitazione della persona su cui ci siamo concentrati, si forma una copia neuronale esatta delle azioni osservate. È come se stessimo ripetendo, riproducendo sulla nostra «tastiera neurale» ciò che il nostro partner sta facendo, e involontariamente iniziamo a imitare le sue espressioni facciali, la sua postura, i suoi gesti e i suoi movimenti corporei. In altre parole, si avvia il processo di «rispecchiamento».

Nella vita quotidiana, le manifestazioni della risonanza neurale si trovano a ogni passo. Sorridiamo involontariamente in risposta a un sorriso amichevole, iniziamo a ridere perché gli altri ridono, sbadigliamo quando qualcuno sbadiglia accanto a noi. Se notiamo che una persona guarda da qualche parte stupita o spaventata, non esitiamo a girare la testa nella stessa direzione. Se qualcuno vicino a noi ci parla di una procedura medica spiacevole, contorciamo involontariamente il viso.

Si scopre che grazie alla risonanza neurale possiamo «contagiare» gli altri con le nostre emozioni e «contagiare» noi stessi, indovinare cosa accadrà nel momento successivo, anticipare lo sviluppo della situazione. Riconosciamo intuitivamente le intenzioni di un’altra persona e il suo comportamento diventa per noi più o meno comprensibile e prevedibile.

PROCESSO ATTIVO

Ma se siamo tutti portatori di neuroni specchio, perché non sviluppiamo la capacità di ascoltare e capire gli altri? Forse perché ci è stato insegnato a parlare, leggere e scrivere, ma non ad ascoltare, anche se questo si può imparare a qualsiasi età, se lo si desidera.

Per attivare i neuroni specchio, per farli funzionare a pieno regime, è necessario sapere come «sintonizzarsi» correttamente per ricevere informazioni. Ecco alcuni modi.

Mostrare un rispetto «spietato

La prima cosa da fare per predisporsi al dialogo è mostrare il massimo, «spietato» rispetto e sincero interesse per l’interlocutore. Gli diamo la possibilità di parlare, non cerchiamo di interromperlo difendendo il nostro punto di vista. Ascoltiamo lui, non noi stessi, e non gli imponiamo nulla. Solo in questo modo si forma uno spazio comune di conversazione, c’è un flusso di pensieri e sentimenti che ci scambiamo liberamente.

Dimenticare la propria opinione

Quando ascoltiamo un’altra persona, il più delle volte non stiamo dialogando con lei, ma con le nostre convinzioni, ipotesi e interpretazioni, con la nostra visione del mondo e della vita. Ma affinché non ci impediscano di entrare in contatto con il mondo dell’altro, dobbiamo prenderne le distanze internamente per tutta la durata della conversazione, «metterle da parte», in modo che non creino un «velo» tra noi e il nostro interlocutore. E allora saremo in grado di ascoltarlo senza cercare di valutare cosa e come dice, e senza cercare di indovinare ogni frase al posto suo.

Più saremo neutrali, più informazioni saremo in grado di recepire, essendo pronti a qualsiasi svolta dell’argomento, fedeli a un punto di vista diverso, a una corrente di pensiero per noi sconosciuta. Per far emergere qualcosa di nuovo in una conversazione, dobbiamo guardare il nostro interlocutore in modo davvero nuovo, come se lo vedessimo per la prima volta. Forse la sua visione delle cose non farà altro che arricchire e diversificare il nostro sistema di idee.

Concentrarsi

L’ascolto deve essere affrontato come un processo attivo, ancor più del parlare. L’ascolto richiede un’attenzione focalizzata che è molto difficile da mantenere. Non c’è da stupirsi che molte persone passino la vita senza mai ascoltare veramente una sola persona. Dobbiamo ascoltare in modo tale che l’interlocutore senta che per noi, in questo momento, non c’è niente di più importante che parlare con lui.

Siamo in grado di mantenere l’attenzione solo per un minuto involontariamente, ma consciamente per molto più tempo. La postura può aiutarci a concentrarci su ciò che il nostro interlocutore sta dicendo. Ci sediamo di fronte, ci sporgiamo leggermente verso l’interlocutore per mantenere il contatto visivo, non incrociamo le braccia e le gambe. La distanza tra noi deve essere comoda per la comunicazione e allo stesso tempo confortevole per entrambi. Con tutto il nostro aspetto mostriamo che stiamo ascoltando con attenzione — il nostro interlocutore dovrebbe sentirlo fisicamente — e così aiutiamo i nostri neuroni a «collegarsi» con i suoi neuroni.

TECNICHE SPECIALI

Anche le tecniche speciali aiutano a creare risonanza neurale.

L’eco

Affinché il nostro interlocutore non si blocchi, parli sinceramente, esprimendo le sue vere intenzioni, cerchiamo di sostenerlo emotivamente: annuiamo con la testa, ripetiamo periodicamente «m-m-m», «sì», «aha», «uh-huh», che significa «continua, ti sto ascoltando con attenzione». Non gli impediamo di ragionare, al contrario — creiamo uno spazio libero per «l’espressione di sé». Non valutiamo, sondiamo, consigliamo, interpretiamo, ma ascoltiamo solo il nostro partner. Allo stesso tempo, impariamo una serie di espressioni «preferite» e iniziamo a ripetere dopo di lui le parole e le frasi più significative, enfatizzandole intonativamente — «facendo eco».

L’eco non è una tecnica facile, ma è molto efficace. Possiamo imitare le caratteristiche del discorso dell’interlocutore, i suoi gesti, le espressioni facciali, l’intonazione, gli accenti semantici, le pause. In questo modo si crea tra noi una comunanza non solo linguistica, ma anche psicologica, che aiuta a raggiungere il favore reciproco.

Fare domande chiarificatrici

Nel corso di una conversazione, possiamo porre domande chiarificatrici: «cosa», «come», «in che modo», «perché», «perché» — ma solo quando qualcosa non ci è davvero chiaro. Non si tratta di domande guida, ma di domande chiarificatrici: «Cosa significa questo?», «Cosa vuoi dire?», «Non capisco bene, per favore spiegami», e così via.

Le domande di chiarimento ci aiutano a limitare lo stesso spazio che abbiamo inizialmente massimizzato, dando all’interlocutore l’opportunità di toccare molti punti importanti, compresi quelli di cui forse non aveva previsto di parlare. In questo modo, delineiamo zone distinte nel campo della conversazione e iniziamo a «scavare» lì, approfondendo le questioni che ci interessano particolarmente e sottolineando i punti che ci sono sfuggiti o che abbiamo frainteso. Chiariamo le informazioni che ci interessano, verificando la nostra comprensione di ciò che è stato detto con quella del nostro interlocutore. Le domande di chiarimento ci aiuteranno a capire meglio la sua posizione e a formulare in modo più preciso ciò che voleva dire.

Usare la parafrasi

Parafrasando le affermazioni dell’interlocutore, ripetendole con parole nostre, riflettiamo il contenuto di ciò che è stato detto. È come se cristallizzassimo i suoi pensieri — li esprimiamo di nuovo, ma in forma condensata, come un’affermazione o una domanda. Una parafrasi può iniziare con le seguenti parole: «Dunque, lei ha detto…», «Se ho capito bene…», «In altre parole, lei vuole dire…», «Dunque, lei intende…», «Dunque, dal suo punto di vista…».

Si può parafrasare senza parole introduttive, solo sotto forma di domanda, aspettandosi una conferma o una confutazione. In questo modo chiariamo il significato di ciò che abbiamo sentito e cerchiamo di conservare le idee chiave. Il nostro interlocutore si assicura che stiamo ascoltando con attenzione. I pensieri parafrasati con successo suonano più chiari e specifici. Ci aiuta a concentrarci e l’interlocutore ha l’opportunità di sentirsi dall’esterno, «con le orecchie degli altri», e quindi di capire meglio la propria posizione.

Quando una persona ascolta una parafrasi accurata, di solito è incoraggiata e inizia ad annuire felicemente: significa che è stata capita correttamente. Ma la parafrasi può essere usata anche a «scopo provocatorio»: parafrasando l’interlocutore, possiamo distorcere deliberatamente le sue parole, in modo che quando ci corregge, sia lui stesso a chiarire e precisare i punti necessari: «Mi hai frainteso! Non è affatto così!». Immediatamente si eccita, cerca di farci cambiare idea e argomenta diligentemente il suo punto di vista. L’energia della negazione (obiezione) è sempre superiore a quella dell’accordo, necessaria per annuire semplicemente: «Sì, è così». Pertanto, la parafrasi dovrebbe contenere sia ciò con cui il nostro interlocutore è pronto a concordare sia ciò che vorrà confutare — allora parlerà in modo più completo ed esauriente.

La parafrasi è, da un lato, una sorta di controllo: verifichiamo quanto accuratamente abbiamo compreso l’interlocutore. Dall’altro lato, è un’opportunità per ascoltare con maggiore precisione ciò che l’interlocutore sta cercando di trasmetterci. Nelle trattative d’affari questo è particolarmente importante: quando una persona inizia a parlare in modo chiaro e specifico, fino alle cifre, è più facile trovare un accordo o, al contrario, rendersi conto che non siamo affatto d’accordo.

IL MIRACOLO DELLA COMPRENSIONE

Quando ascoltiamo con attenzione, con autentico interesse, il nostro cervello, grazie ai neuroni specchio, si adegua al cervello dell’interlocutore. Lo scienziato americano Uri Hasson, utilizzando moderne apparecchiature diagnostiche, ha trovato una correlazione sorprendente: l’attività neurale di chi ascolta non solo duplica quella di chi parla, ma negli ascoltatori più attivi lavora addirittura in anticipo: queste persone capiscono ciò che l’interlocutore sta per dire. Quindi, è possibile imparare non solo a capire, ma anche ad anticipare i pensieri di un altro! Naturalmente, non si può imparare tutto questo in una sola volta: è necessario un allenamento costante. Ma ogni volta sarà sempre più facile «leggere» l’interlocutore senza ricorrere a tecniche particolari, fidandosi solo del proprio intuito.

L’ascolto attivo è certamente un processo che richiede molto tempo, un’attenzione estrema e un’analisi continua. Ma ci sono situazioni nella vita in cui è davvero necessario. Se impariamo a capire cosa una persona vuole dirci e come intende agire, non solo sarà molto più facile stabilire un contatto con lei, ma saremo anche in grado di anticipare le sue possibili azioni e quindi di prendere una decisione calcolata e sensata.