Il sosia del diavolo

Il doppio del diavolo

Uday, il figlio di Saddam Hussein, non aveva tanto il potere assoluto quanto l’impunità assoluta. La cosa più interessante del film è la sua natura documentaristica. Sappiamo bene di cosa sono capaci i figli di chi detiene il potere, grazie ai nostri esempi. Ci interessano solo i disturbi psicopatologici dei personaggi.

Nel film ci sono due personaggi: Uday e il suo doppio Latif. Il secondo eroe — positivo — è più facile da trattare. A suon di botte e minacce è costretto a sottoporsi a un intervento di chirurgia plastica per diventare il sosia di Uday e «lavorare» al suo posto, assumendosi il pericolo di possibili attentati. L’eroe entra gradualmente nell’immagine e comincia presto a pensare come il suo «originale». Ma non riesce a sopportare tutte le crudeltà e gli omicidi e fugge all’estero sano e salvo. Tutto nel suo comportamento è psicologicamente comprensibile.

Uday, invece, rappresenta il tipo più brillante di isterico emotivamente instabile con una tendenza a violare gli impulsi. Tali anomalie mentali venivano chiamate «psicopatia», ma ora, per evitare la connotazione negativa associata a questo termine, è stato proposto un termine più neutro — «disturbo specifico di personalità». Per quanto riguarda Uday, tuttavia, il termine «psicopatico» nella sua accezione clinica si adatta al meglio. Lo stato mentale patologico di quest’ultimo è stato aggravato dai disturbi di accompagnamento comuni in questi casi: la dipendenza da droghe e la promiscuità sessuale. A quanto pare, la cocaina rendeva Uday ancora più aggressivo e incontrollabile. La promiscuità sessuale si spingeva fino al rapimento per strada, allo stupro e all’uccisione di studentesse, facilmente combinato con l’attrazione omosessuale per i travestiti. Era facile rubare una sposa a un matrimonio e stuprare, accoltellare a morte un ospite infuriato durante il divertimento.

Sullo sfondo della guerra con il Kuwait e della conseguente devastazione, Uday si diverte con l'»élite» della società irachena, abbondantemente «diluita» con prostitute e ruffiani comuni. L’inadeguatezza delle sue azioni ricorda talvolta quelle degli imperatori del declino dell’Impero romano. Le persone intorno a lui si rendono conto che è «pazzo» e «folle», ma solo l’eroe positivo, che Uday stesso deve proteggere, osa dire queste cose. Il doppio è, in una certa misura, una garanzia della sua stessa sicurezza. I piaceri della vita del figlio di Saddam sono primitivi come lo erano duemila anni fa; non ha inventato nulla di nuovo: sesso a volontà, droga, gioco d’azzardo e tortura dei «nemici della patria». Esprime molto chiaramente il suo credo di visione del mondo: «Mi piace più scopare che pregare».

Gli psicopatici, anche all’apice del potere, raramente vivono a lungo. Il permissivismo non dà loro la possibilità di adeguare il proprio comportamento a un livello socialmente accettabile. Così, Uday Sadam Hussein è stato ucciso prima di raggiungere i 40 anni.