Gene dell’infedeltà maschile: per mogli ingenue

Il gene dell'infedeltà maschile: per mogli ingenue

TATYANA DEVYATOVA: Con invidiabile regolarità sulla stampa appaiono «sensazioni» che sia stato trovato il gene o l’ormone dell’infedeltà maschile. Come scienziato, può valutare le prospettive di scoprire quella «noce» nell’organismo maschile, che è responsabile della sua fedeltà o della sua fondamentale assenza?

LEV SHEGLOV, Dottore in Scienze Mediche, Professore: Non voglio parlare in modo molto categorico, capisco perfettamente che «mai dire mai»: chi sa quali scoperte saranno fatte tra cento anni? Oggi sono già stati trovati dei marcatori oncologici, e forse tra 20 anni questa terribile malattia sarà affrontata come oggi affrontiamo un naso che cola. Ma ad oggi non sono stati scoperti né ormoni, né geni della fedeltà; queste sono speculazioni che le riviste patinate di solito si concedono.

Perché sono convinto che non possa essere così? Perché «fedeltà» e «infedeltà» sono categorie socio-psicologiche. Non possono essere determinate dalla struttura chimica di ciò che avviene in qualche ghiandola di secrezione interna, non possono essere determinate da un insieme di cromosomi che sono stati trasmessi a prescindere da tutto dai nostri antenati. Quindi penso che questa sia un’assurdità e che la fedeltà-infedeltà dipenda dall’epoca, dall’educazione, dai valori accettati dalla società.

Cosa ci può essere di ormonale o di genetico nei cavalieri di Carlo Magno, che all’epoca del culto della Bella Signora piangevano sotto il balcone dell’amata, alla quale dovevano cantare una serenata, ma non potevano nemmeno toccarla con un dito! Singhiozzavano di gioia se ella gettava loro favorevolmente un fazzoletto di pizzo, lo annusavano e se lo premevano sulla guancia, e poi… montavano a cavallo, andavano al villaggio più vicino e violentavano i popolani.

È una specie di ormone, una specie di gene? È un fatto culturale! Quello che Shakespeare coniò molto tempo fa: «Tutto il mondo è un teatro e ci sono degli attori». Qual è il ruolo «prescritto» dalla vostra educazione, dalla vostra cultura, dai vostri archetipi, dal vostro subconscio: quello che vi piace, è quello che interpreterete.

È cool essere macho, il che significa che il 90% dei giovani uomini sogna di esserlo; in una cultura di questo tipo, chi ha una nuova ragazza ogni giorno è cool, e chi ha avuto una ragazza sei mesi fa è infelice e debole.

Ancora oggi, nel XXI secolo, la cosiddetta parte occidentale del mondo, anche se in forma implicita e non dichiarata, considera l’uomo un cacciatore, un vincitore, un invasore, un estrattore, un capo. Gli sono consentite, per così dire, «espansioni» sessuali. E le qualità più importanti di una donna, che essi apprezzano soprattutto (sottolineo — in modo statisticamente attendibile), sono la fedeltà e la sottomissione. Dal momento che il mondo è caratterizzato da una tale asimmetria, ne consegue che le statistiche la colgono. Sono convinto che se ai tempi del matriarcato ci fossero stati scienziati che raccoglievano statistiche, avrebbero confermato che le amazzoni che corrono in giro con le spade sono più inclini al cosiddetto adulterio di un uomo che se ne sta a casa con i riccioli e tesse il filo.

L’uomo ha vissuto a lungo non nel campo della natura, ma in quello della cultura: essa influenza il nostro comportamento molto più fortemente della struttura muscolare o dei livelli di testosterone.

Da un punto di vista formale è auspicabile che un uomo, in quanto portatore di spermatozoi, li attacchi a più di un ovulo per prolungare la razza, ma le analogie con il mondo animale, dopo che la cultura ha frazionato gli esseri umani per diverse migliaia di anni, sono inappropriate. La poligamia congenita nell’uomo non è stata provata né testata da nessuno.