Dove c’erano gli adulti

Dove erano gli adulti?

Su Internet è apparso un video che mostra delle ragazze adolescenti di un orfanotrofio in un villaggio della regione dell’Amur che abusano di bambini più piccoli. L’ufficio del procuratore sta conducendo un’ispezione nell’orfanotrofio e Internet torna a parlare della crudeltà degli adolescenti. La notizia è commentata dalla psicologa, sociologa e autrice di libri per genitori Julia Vasilkina.

La domanda principale è: dov’erano gli adulti per tutto questo tempo? Soprattutto perché il pestaggio è stato di massa, con la messa al muro degli sfortunati bambini. Tre ragazze sadiche e tanti bambini: una compagnia rumorosa, soprattutto se si considera quello che stava succedendo. Come sono state create le condizioni per rendere possibile tutto questo? Dove sono gli assistenti, gli addetti al servizio notturno, le guardie di sicurezza?

Nelle famiglie (anche in quelle disfunzionali) i genitori stanno dietro ai figli e, qualunque essi siano, un bambino ha la possibilità di lamentarsi e chiedere aiuto. Magari non dai genitori, ma da altri parenti o dagli insegnanti. Qui non c’era nessuno a cui rivolgersi: collettivo assolutamente chiuso, numero limitato di adulti. E ancora: perché non hanno risolto le cose «dentro di sé»? I bambini hanno raccontato le prepotenze e non hanno trovato risposta, oppure hanno taciuto? Gli adulti erano anche peggio di questi sadici? È chiaro che erano intimoriti («se lo dici — sarà peggio!»), ma questa paura può essere superata solo da una maggiore fiducia in un adulto. A quanto pare, non c’era fiducia, visto che le informazioni sono state rese note solo grazie a Internet.

L’aggressività germoglia dove ci sono le condizioni favorevoli alla sua crescita. Se queste ragazze non avessero avuto l’opportunità di un bullismo così aperto e su larga scala, forse avrebbero fatto a pezzi i banchi invece che i destini. O si assegnerebbero «frecce» a vicenda. Ma almeno non avrebbero rovinato i piccoli che erano indifesi prima di loro. Queste ragazze sono già moralmente e psicologicamente handicappate e hanno bisogno di un aiuto speciale (oltre alla responsabilità delle loro azioni).

Perché l’aggressività a volte assume forme così brutte? Credo a causa del degrado della personalità, di atteggiamenti morali ed etici non formati. Solo questi sono in grado di frenare il desiderio interiore di distruggere, torturare, uccidere. Certo, anche le circostanze esterne possono frenare, per esempio la «mano forte» di un adulto che controlla severamente il comportamento del bambino. Ma è inaffidabile, come una molla compressa: un giorno è sicuro che «scatti». Solo i supporti interni sono affidabili per frenare i propri impulsi aggressivi. A quanto pare, questi aguzzini non ne avevano. Qualcuno li ha aiutati a formarli? Hanno avuto la possibilità di farlo?

Riflettendo su questa situazione, non si può fare a meno di parlare del «complesso della vittima». Nel nostro Paese, soprattutto nelle istituzioni educative, sono ancora attuali massime come «stai zitto, fai le cose, ascolta i tuoi anziani», «quando sarai grande, allora aprirai la bocca», «obbedisci, non discutere». Se parliamo di un bambino che vive in una famiglia, soprattutto in una famiglia con una mentalità moderna, è semplicemente squilibrato e disorientato: che razza di sciocchezze gli vengono dette? L’asilo e la scuola sono rifiutati in quanto custodi di questi stereotipi. Ma un bambino proveniente da un orfanotrofio o da un collegio non è assolutamente protetto da questo punto di vista. Vivendo fin dalla nascita in un’atmosfera in cui è un essere completamente subordinato, acquisisce di fatto un complesso di vittima: tollera, tace quando avrebbe dovuto resistere e gridare.

È un male che gli psicologi con questi bambini abbiano iniziato a lavorare solo ora. Gli altri bambini possono essere aiutati solo ristrutturando la coscienza degli adulti che li circondano. Questo è il compito: crescere i bambini nelle «istituzioni» in modo che abbiano la possibilità di diventare persone indipendenti, pronte a difendersi da sole. Ma non a dispetto del sistema, come avviene ora, bensì con il suo sostegno.