Cercare o aspettare

Cercare o aspettare?

Per uno psicologo pratico, una conversazione sulla felicità si trasforma sempre in una conversazione sui modi concreti della sua «realizzazione».

In fondo, infatti, tutte le formule per una vita felice sono note da tempo, inoltre si consumano in auguri e brindisi. Cosa si augura di solito? Salute, longevità, successo nella vita personale e nella carriera professionale e… felicità. Così, separatamente. Perché si capisce che, a prescindere dai desideri, è impossibile elencare tutti gli aspetti, tutte le componenti della felicità.

E qui si presenta una strana situazione: tutto sembra essere semplice e conosciuto, ma in qualche modo non ci riusciamo o tutto risulta sbagliato! E come si può ottenere la felicità secondo la formula, se le condizioni di applicazione sono diverse per tutti?

Che cosa, oltre a «buona salute e longevità», può unire la «felicità» di un oligarca e di un modesto abitante di un hinterland di provincia? Nemmeno «affinché non ci sia guerra» è adatto, perché uno diventerà più ricco in questa guerra e l’altro probabilmente seppellirà il suo unico figlio. E c’è sempre più differenza tra loro in termini di salute, perché sempre più spesso il grado di curabilità della malattia dipende dall’entità del portafoglio del malato. Certo, ci sono ancora alcune diagnosi «giuste», ma in generale la situazione delle possibilità di cura migliora di giorno in giorno.

A prima vista sembrano abitanti di pianeti diversi, ma se si inizia a lavorare appaiono gli stessi problemi, solo in uno scenario diverso. E l’elenco di questi problemi, indipendentemente dallo scenario, non è poi così lungo: qualcuno non ama qualcuno, oppure uno si è disinnamorato e l’altro continua ad amare; qualcuno si è ammalato, e magari gravemente; la vita di qualcuno è rovinata dall’amore o dall’antipatia di tutti i tipi di persone che lo circondano, sia i suoi, sia i parenti, sia gli estranei; qualcuno ha corso, raggiunto, si è sforzato e ha lavorato fino al punto di mettersi in un angolo, e i suoi cari; qualcuno non ha affrontato la vita e si è fatto prendere dalla droga o dalla vodka, dalle slot machine e così via… È ben noto alla maggior parte degli psicologi-praticanti — l’insieme dei problemi, di norma, è standard.

Così, si scopre che da un lato ci sono note «formule di felicità», e dall’altro c’è un insieme standard di problemi che impediscono la realizzazione di questa felicità. E in mezzo c’è una persona che vuole ottenerla, questa stessa felicità.

Ma anche in questa infinita varietà è possibile individuare alcune regolarità.

Il fattore decisivo è ciò che ognuno di noi intende per questa «felicità». E qui possiamo distinguere due categorie diseguali di «consumatori» di felicità. I primi sono quelli per cui la felicità è la presenza di qualcosa (non importa quali fantasie, vizi o buone intenzioni diventino oggetto di ricerca), i secondi sono quelli per cui la felicità è l’assenza di dolore.

La cosa più interessante è che se la prima comprensione è presente in noi fin dall’infanzia, non tutti vivono la seconda, o meglio, lo fanno coloro che sono sopravvissuti allo scontro con la vita. Questi ultimi si distinguono dallo sfondo generale dei «cercatori» per la loro particolare attitudine a vivere ogni singolo momento della loro vita e per avere una propria scala di valori di vita, basata sulla gioia dell’esistenza ordinaria (la semplice presenza nel mondo).

Per quanto riguarda la categoria dei «cercatori attivi», più inseguono la felicità, più questa diventa timida, si nasconde in modo più affidabile e scappa più velocemente. E poiché la felicità, di norma, non è rumorosa, molti cercatori se ne accorgono solo dopo averla persa. E dopo essersene accorti, iniziano una nuova corsa, ora già alla ricerca della «felicità perduta». Alcuni di loro, dopo averla raggiunta, si schiantano su di essa. E la maggior parte delle persone corre da un «punto di riferimento felice» all’altro, infilando frettolosamente la propria vita negli angoli di questa distanza infinita… In generale, come diceva Stanislav Jerzy Lec: «Nessun orologio ha lancette che indicano come vivere».