Capita che un bambino sia spesso malato. I pediatri hanno addirittura un termine «PDB»: bambini malati frequentemente e a lungo termine, quando dopo un raffreddore il bambino prende il successivo e questa serie di malattie non ha fine. Nonostante gli sforzi dedicati dei genitori, le lunghe visite mediche, gli esami noiosi per il bambino e le manciate di farmaci, le «spinte» che nel bambino che resiste diventano una prova di pazienza dei genitori, i problemi non regrediscono e si protraggono a volte per anni.
Qual è la causa? Queste malattie dei bambini appartengono alla psicosomatica, cioè hanno una doppia natura: sia corporea-fisiologica che mentale. E per ripristinare completamente la salute del bambino, è necessario rimuovere entrambe le cause della malattia! Se le cause corporee sono combattute dai medici, per eliminare le cause mentali è necessario l’aiuto degli psicologi.
La prima cosa che possono fare è insegnare ai genitori, in particolare alla madre, a eseguire con il bambino una speciale «carica» di salute.
Questo include vari esercizi di gioco: respirazione «calmante» del ventre, «gioco» con le sensazioni corporee per scaricare le emozioni, «reset» delle tensioni muscolari da stress. Si tratta di una sorta di programma minimo per il recupero psicologico del bambino.
Ma a volte i genitori si trovano di fronte a un ulteriore compito «inverso»: cosa dovrebbero smettere di fare affinché il bambino, a sua volta, smetta di ammalarsi. Infatti, ciò che alcune mamme e alcuni papà fanno, fa letteralmente soffrire i loro figli, comprese le malattie croniche. Si scopre che i bambini si ammalano… a causa dei genitori, anche se questi ultimi non se ne rendono conto.
In questi casi la colpa è dei genitori «inconsapevoli»?
La risposta a questa domanda nasconde il problema della dualità, le contraddizioni tra ragione e sentimenti, tra coscienza e subcoscienza. La soluzione immaginaria a queste contraddizioni è la malattia.
Ricordate la splendida battuta del film «Attenti alla macchina»: «Detochkin, naturalmente, è da biasimare… ma non è da biasimare?». Questo è ciò che accade quando le intenzioni di una persona sono inizialmente positive, ma il risultato delle sue azioni, ahimè, si rivela deplorevole. Lo stesso può accadere con i genitori, quando il loro comportamento porta a malattie dei figli, ma loro stessi non sono consapevoli di questo rapporto causale. Perché agiscono, come sembra loro, con le migliori motivazioni, preoccupandosi del bene della loro prole.
Come avviene esattamente questo? Ci sono diverse «trappole» emotive che fanno ammalare un bambino.
1. INDULGENZA
In questo caso, il sintomo della malattia diventa per il bambino una scusa per rifiutare di soddisfare le richieste degli anziani o un permesso per superare i divieti dei genitori. Si tratta di un riflesso dello scenario pedagogico familiare «tutto è permesso», quando la pietà dei genitori, ahimè, si trasforma in un danno per il bambino, che si abitua ad ammalarsi e si sforza inconsciamente di farlo. In parole povere, ciò che per gli adulti rappresenta la pietà per il bambino, per il bambino stesso diventa un incoraggiamento alla malattia. La «cura» psicologica: genitori ragionevolmente esigenti, formazione di regole di comportamento familiare, comprensibili per il bambino e da applicare obbligatoriamente.
2. SCUDO
A volte la malattia di un bambino funge da «scudo umano» dietro il quale i parenti si rifugiano dai conflitti familiari («Come puoi… quando il bambino è malato!»). Si tratta della stessa indulgenza, ma non per i bambini, bensì per i genitori. In questo caso la malattia diventa inconsciamente desiderabile per il bambino: dopo tutto, quando il bambino è malato, nella famiglia regna temporaneamente una fragile pace.
Questo aggiunge anche un meccanismo di autopunizione del bambino, o un senso di colpa nevrotico. In fondo, un bambino piccolo, a causa dell’ingenuo egocentrismo, fa suo tutto ciò che accade intorno a lui. Non capisce le ragioni dei conflitti degli adulti e quando i genitori sono insoddisfatti l’uno dell’altro, il bambino può considerarsi il colpevole: lui è «cattivo», litigano per colpa sua! Quello che per gli adulti è uno scandalo familiare, per un bambino è una malattia. La «ricetta» psicologica è semplice: affinché il bambino non si ammali più, i membri più anziani della famiglia devono stabilire relazioni tra loro. Non bisogna assolutamente permettere che i bambini diventino testimoni, e ancor più partecipi, dei litigi dei genitori.
3. DOPPIO BENEFICIO
Spesso un bambino usa la malattia come un modo per non lasciare che la madre si allontani da lui: non andrà lui stesso all’asilo e la madre resterà a casa con lui — due «benefici» in un colpo solo!
Questa «doppia indulgenza» può verificarsi anche su iniziativa dei genitori, naturalmente non espressa direttamente, ma inconsciamente. Ad esempio, se una madre non è interessata al lavoro e preferisce stare a casa con il proprio figlio, inizia ad ammalarsi più spesso, cogliendo questo desiderio nascosto.
4. SPECCHIO.
Le mamme spesso dicono: «Abbiamo la tal malattia», senza pensare al vero significato di queste parole. Infatti, la malattia di un bambino è spesso una malattia «a due». La mamma è preoccupata per il bambino e lui, come uno «specchio», riflette il suo stato interiore. In fondo, il bambino percepisce la madre e se stesso come una cosa sola.
Quando la mamma è immersa in esperienze mentali difficili, anche se cerca di non darlo a vedere, il bambino viene «contagiato» da sentimenti negativi che possono diventare per lui la causa della malattia. Quello che per gli adulti è il solito stress emotivo, per il bambino è un danno diretto alla salute. Dopo tutto, egli non sa ancora come gestire le emozioni, che quindi si trasformano in sintomi di malattia, il più delle volte malattie dell’apparato respiratorio, della digestione e disturbi allergici.
In questa situazione, è necessario innanzitutto aiutare i genitori, soprattutto la madre, a superare le proprie difficoltà emotive.