In alcuni film «psichiatrici», mostrare l’ambientazione, l’atmosfera dell’ospedale e i metodi di cura risulta interessante quanto la patologia mentale del protagonista.
Il protagonista finge un disturbo mentale per evitare la cella del carcere, perché è stato condannato per rapporti sessuali con una minorenne, che però «non aveva nulla in contrario». E invece della terribile prigione, egli, soddisfatto della sua astuzia, entra felicemente nella dolce atmosfera di un ospedale con «tre pasti al giorno e procedure ricreative».
I disturbi mentali sono più spesso simulati da personalità psicopatiche, mentre le persone sane preferiscono fingere qualche malattia somatica. Il personaggio di Jack Nicholson è proprio uno «psicopatico antisociale» che, senza trattenere le proprie emozioni, disturba costantemente il ritmo calmo e misurato della vita nel «nido del cuculo». I medici iniziano ragionevolmente a curarlo. All’inizio la terapia si limita alla prescrizione di pillole sedative, che l’eroe sputa con successo dopo un’accoglienza dimostrativa. Ma dopo aver portato un gruppo di pazienti a pescare su una barca senza permesso e aver organizzato loro una gita in mare, indignati per un simile atto, i medici passano a metodi di trattamento più rigidi. All’epoca non esistevano neurolettici iniettabili, di cui bastavano poche iniezioni per «calmare» il paziente. L’allegro simulatore inizia a sottoporsi a sedute di elettroshock, che di solito viene utilizzato per trattare la depressione grave. È chiaro che l’eroe del film non era depresso. Si dice che l’attore, prima di girare questa scena, per maggiore credibilità abbia deciso di sperimentare una seduta di tale procedura. Stanislavskij riposa!
Ma nemmeno questo crudele metodo di cura riuscì a spezzare la natura esuberante e amante della vita dell’eroe. E allora i medici furono costretti a ricorrere a un «metodo radicale di trattamento»: la lobotomia. Consiste nel far passare un coltello stretto e lungo attraverso l’orbita oculare fino al cervello, danneggiando i lobi frontali. Il professore portoghese di neurologia Egash Moniz, tra l’altro, ha ricevuto il premio Nobel per aver sviluppato questo metodo di trattamento! Il 25% dei pazienti dopo tale operazione si trasforma in invalidi impotenti o in «animali domestici». L’eroe non ha fatto eccezione, diventando un «vegetale» apatico e poco reattivo e condividendo il destino della maggior parte dei ribelli che si oppongono all’ordine esistente non solo tra le mura degli ospedali psichiatrici.